Compie vent’anni la straordinaria creatura di casa Apple
Anticipò Windows con la sua interfaccia fatta di finestre e icone

Quando George Orwell dovette scegliere un punto del futuro nel quale collocare il suo incubo di una società totalitaria, schiavizzata dal Grande Fratello, optò per l’anno 1984. Se il 22 gennaio 1984 lo scrittore inglese si fosse trovato a passare per una qualunque città degli Stati Uniti, avrebbe potuto pensare che le sue più fosche previsioni si fossero avverate: gli uffici chiusi, i negozi sbarrati, nessuno per le strade: oltre 100 milioni di americani inchiodati davanti agli schermi. Dallo stadio di Tampa, in Florida, si trasmetteva l’evento mediatico più importante dell’anno: il diciottesimo Super Bowl, Los Angeles contro Washington.

E quale sarebbe stato lo stupore di Orwell nel vedere apparire sui televisori accesi, durante un intervallo pubblicitario, una scena che sembrava presa proprio dal suo romanzo: una platea di uomini grigi e muti, arringati da una figura proiettata su un maxischermo. Lo scrittore redivivo avrebbe potuto temere il peggio, se non avesse visto lo schermo del Grande Fratello andare improvvisamente in frantumi e al suo posto apparire una scritta: “Il 24 gennaio Apple Computer presenterà Macintosh. E vedrete perché il 1984 non sarà come ‘1984’”.

Sono passati vent’anni dal giorno nel quale il mondo sentì parlare per la prima volta di Macintosh. Lo spot, girato appositamente per il Super Bowl dal regista Ridley Scott (lo stesso di “Blade Runner” e del “Gladiatore”), non venne mai più trasmesso. Ma il Macintosh non smise di far parlare di sé. Quel parallelepipedo di plastica, nato dal genio del fondatore Steve Jobs, avrebbe rivoluzionato il concetto di personal computer

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La storia e il museo dei modelli Apple

Il sito personale di Steve Wozniak
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